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Il racconto di qualche game sui campi del Foro Italico contro Alvaro Cepero e Pablo Lijo, due dei protagonisti del circuito Premier Padel. Un’opportunità per assaggiare in prima persona il padel dei più forti, con la soddisfazione per un (grande) punto e persino la doccia negli spogliatoi “ATP” del Foro Italico (foto di Adelchi Fioriti)
di Marco Caldara | 26 maggio 2022
Il PR di Premier Padel, responsabile dell’evento, si avvicina a rete e so già che sta per pronunciare la frase “ultimo punto ragazzi”. In una metà campo ci sono Pablo Lijo e Alvaro Cepero, spagnoli, coppia numero 15 del tabellone dell’Italy Premier Padel Major, attesi in serata da un duello contro Paquito Navarro e Martin Di Nenno sulla Grand Stand Arena. Dall’altra parte della rete, invece, io e il mio simpatico compagno odierno Sebastian, giornalista del magazine 'Clay', che per non perdersi la prima del grande padel al Foro Italico è arrivato addirittura dal Cile, e ha accettato di spostarsi a sinistra per lasciare a me il “drive”, come lo chiama lui.
Si rivolge a Lijo, promette che gli alzerà un globo e gli chiede un 'remate por tres', lo smash che sbatte sul cristallo ed esce dal campo di lato, in modo da permetterti di correre a prenderlo fuori dalla gabbia e chiudere in bellezza. Servo, lo spagnolo risponde, il pallonetto arriva e lo smash anche: Sebastian scatta per correre fuori dalla gabbia ma… sbaglia lato. Invece di andare in direzione della metà campo avversaria esce e si dirige parallelo alla nostra, la palla lo scavalca e il nostro match coi campioni termina così, con le risate del pubblico del Campo 4 (sì, c’era anche il pubblico) e Cepero che – a metà fra l’incredulo e il dispiaciuto – gli domanda come mai sia andato da quella parte.
La risposta è semplice: siamo amatori, ai nostri livelli di smash così se ne vedono pochi e quindi l’uscita dal campo non è contemplata. Siamo amatori, sì, ma siamo anche giornalisti e l'organizzazione dell'Italy Major Premier Padel ci ha permesso di toccare con mano cosa significa giocare coi pro: un paio d'ore per entrare in campo con alcuni dei protagonisti del main draw e giocare qualche punto che ricorderemo a lungo.
Così si notano meglio le tante differenze fra due sport – il loro e il nostro – uguali nel nome ma diversi nei fatti, quelle che si possono toccare con mano solo giocando qualche game con alcuni dei protagonisti del circuito mondiale. Loro fanno sembrare tutto facile: sono sistematicamente al posto giusto, sanno sempre prima che tipo di palla gli arriverà e per fargli un punto serve un miracolo.
Che non mi riesce quando cerco di servire il più profondo possibile, vicino al vetro, per mettere Lijo in difficoltà. Il piano sembra funzionare, nella mia partitella del mercoledì sera un servizio così garantirebbe 8 volte su 10 una palla comoda da chiudere. Invece lo spagnolo non piega nemmeno le gambe, allunga il braccio, dà una frustata di polso e sfrutta la parete laterale per incrociare la risposta e sorprendere il mio compañero, che puntualmente mette la volèe di diritto sulla griglia. Facile, no?
Aver la possibilità di giocare con certi fenomeni aiuta a capire il padel. Osservarne i movimenti, la sensibilità e la tranquillità con la quale difendono è illuminante, mentre se si parla di globo, più che l’ammirazione subentra l’invidia, perché il loro termina sempre a un palmo dal vetro anche se cercano di essere clementi, mentre il mio è sempre troppo corto anche se provo a giocarlo al cento per cento.
Cepero mi fa i complimenti per una volèe di diritto ben piazzata, fingendo di dimenticarsi che ho mestamente messo in rete le due precedenti, mentre Sebastian prova a scaricare su ogni palla – anche su quelle che spetterebbero al suo compagno, cioè io – tutta la potenza di cui dispone, con risultati discutibili. Ci tiene a fare bella figura e ci riesce di lì a poco, nel punto del match, forse dell’intera esperienza frequentata da una ventina, abbondante, di giornalisti.
In realtà il grosso degli applausi è per me, ma il merito è soprattutto suo e del suo duello infinito con Cepero, volèe dopo volèe. Riesce addirittura a farlo sdraiare a terra, ma lo spagnolo recupera due volte anche da seduto, fino a quando subentra Lijo che gioca un pallonetto dalla mia parte, altissimo. Il retaggio tennistico suggerisce di tirare forte al centro, gli avversari intuiscono l’intenzione e si aggrappano a rete, pronti a parare con la volèe. Ma questo è padel, dopo due anni e spiccioli nelle gabbie ho imparato (o sto imparando) a pensare diversamente e l’ora e mezza di mercoledì sera trascorsa ad ammirare il boss, al secolo Fernando Belasteguin, mi viene in soccorso. Fingo lo smash, ma all’ultimo rallento quel tanto che basta per inventarmi un pallonetto. Esce meno profondo di quelli di Bela (vabbè…), ma ormai Cepero ha il naso sopra il nastro e capisce subito che non può raggiungere la pallina nemmeno col motorino che si trova al posto delle gambe. Lijo idem, è troppo lontano. Non ci provano nemmeno, così il punto è nostro e gli applausi anche. Finalmente.
Stare in campo con due big, sostituendosi per un attimo agli altri giganti che sono abituati a trovarsi davanti di solito, è un’esperienza da provare. Ancora di più se al Foro Italico, in uno dei luoghi simbolo del mondo della racchetta. Ad arricchirla, l’opportunità di farsi una doccia nello spogliatoio “ATP”, lì dove oggi si cambiano Galan e Lebron, Paquito e Bela, mentre solo due settimane fa c’erano Djokovic, Nadal e compagnia bella. Non esattamente un dettaglio per chi sa che il signor Stan Smith, di cui porta il faccione sulla linguetta delle scarpe, non è affatto uno stilista.